Passaggi di Tempo


Testo a cura di Valeria De Simoni in occasione della mostra Passaggi di Tempo

Da Aristotele a Leibniz, da Newton a Bergson, la storia del pensiero si è soffermata a lungo sul significato del tempo. Ne esiste l’interpretazione in chiave gnoseologica, etico-religiosa e psicologica, la concezione lineare, circolare e a spirale. Che cosa è dunque il tempo? C’è chi sostiene che, analogamente allo spazio, sia un contenitore di eventi, chi un apparato concettuale per descrivere le interrelazioni tra gli eventi stessi. Per alcuni è una semplice illusione.

Marco Ferraris (Genova, 1978) indaga la dimensione temporale e la sua percezione attraverso la fotografia. Per mezzo della manipolazione digitale, sullo sfondo dell’immagine – un campetto da calcio, una marina, uno scorcio urbano – l’artista distribuisce una somma di istantanee di soggetti in movimento. Se la mente suddivide le azioni in stati consecutivi, separati e distinti l’uno dall’altro, allo scopo di ordinare la realtà – altrimenti inafferrabile e incomprensibile -, la coscienza percepisce il passaggio del tempo come un flusso continuo. E’ impossibile congelare il presente in un unico istante definito poiché in uno stesso momento si fondono sia il ricordo del passato grazie alla memoria, sia l’anticipazione del futuro in virtù dell’attesa. I diversi momenti, pertanto, si compenetrano, annullandosi a vicenda in un perenne divenire. Nelle fotografie di Marco Ferraris passato e futuro convivono attraverso la coscienza dell’osservatore che li salda nel presente. Il tempo viene “spazializzato”, tradotto attraverso il susseguirsi di azioni consecutive. Lo straniamento provocato dal vedere uno stesso soggetto ripetuto su di uno sfondo fisso e immutabile favorisce la consapevolezza del fluire, l’illusione ottica evidenzia il concetto di cambiamento: necessario, inevitabile, incessante. Si tratta di un escamotage che Ferraris utilizza per catturare l’attenzione del pubblico, un trucco per indurlo a soffermarsi più a lungo davanti alle sue opere.

Le architetture barocche della Sicilia, le piramidi del Messico, le spiagge dell’Isola d’Elba, il centro di Berlino diventano così il palcoscenico ideale della rappresentazione. La leggera sovraesposizione conferisce alle immagini un fascino particolare: i toni si fanno più morbidi, delicati e sommessi, le ombre tendono a dileguarsi. Marco Ferraris si confronta con un paesaggio irreale, con una dimensione altra, sospesa nel tempo e nello spazio. Attraverso la rielaborazione grafica digitale, le figure umane vengono estrapolate dal contesto originario per essere inserite in uno scenario nuovo. Con la precisione e la pazienza di un miniaturista, il giovane artista ligure ridisegna l’intera immagine, pixel dopo pixel. Tra documentazione e sperimentazione, i lavori di Ferraris indagano le forme e i limiti del corpo umano in rapporto al contesto in cui si trovano.